La segretezza che circondava la costruzione delle tombe appare evidente in una scritta sulle pareti della camera funeraria dell’architetto Ineni, all’epoca di Tutmosi I: "Da solo ho diretto i lavori della tomba segreta del re. Nessuno vide, nessuno venne a sapere nulla". Eppure, come testimoniano i sepolcri visitati dai ladri appena dopo il funerale, la tentazione di rubare i tesori dei faraoni era irresistibile già in tempi antichi. I sacerdoti che proteggevano l’ultima dimora dei faraoni talvolta riuscivano a sventare il furto, risigillando poi l’ingresso della tomba, come nel caso di Tutankhamon. In epoca moderna, tra tombaroli indigeni e stranieri, l’oro dei faraoni ha fatto la fortuna di molte famiglie e qualche volta l’oggetto ritrovato sul mercato clandestino ha guidato gli archeologi alla scoperta del sito, ormai spogliato. Un’altra forma di ladrocinio erano le razzie dei collezionisti senza scrupoli ed anche la rapacità con la quale le autorità coloniali esportavano oro, oggetti e papiri. Al malcostume del "saccheggio autorizzato" posero, però, fine per primi gli archeologi-ispettori Mariette e Maspero.